Sentenza del 06/02/2023 n. 187 - Corte di giustizia tributaria di secondo grado dell'Emilia Romagna Sezione/Collegio 13

Testo

Trattasi di appello contro la sentenza della CTP di Bologna, meglio indicata sopra. La sentenza di prime cure ha risolto la questione, invero ricorrente nelle Commissioni tributarie (oggi Corti), della debenza dell'IMU, dopo lo scioglimento del contratto di <> ma prima della riconsegna al concedente.

Nel caso di <>, la imposta viene pagata in genere dall'utilizzatore, finché il contratto duri. Nel caso di scioglimento del contratto, se vi è riconsegna immediata, la imponibilità IMU torna a cadere sul concedente.

Se, invece, non vi è immediatezza nella riconsegna, è noto che si contendono due linee interpretative: per una linea interpretativa, la imponibilità IMU rimane in capo all'utilizzatore, fino alla effettiva riconsegna; per altra tesi, la imponibilità IMU transita sul concedente, anche se non nella materiale disponibilità del bene immobile.

La sentenza di prime cure ha adottato questa ultima soluzione, con una sintetica motivazione, che richiama concisamente gli argomenti relativi.

La odierna appellante era, in relazione a questa fattispecie, la concedente del contratto di <>. La sentenza di primo grado afferma come con la risoluzione venga meno il contratto e dunque sia corretta la seconda soluzione.

La parte R. s.p.a. appellava la sentenza.

Sosteneva, nel ponderoso atto di appello, vari argomenti in favore della tesi, maggiormente favorevole al concedente.

In particolare, la parte appellante sosteneva che vi fosse ultrattività del contratto, ai sensi dell'articolo 1591 c.c., fino alla riconsegna effettiva del bene immobile.

In secondo luogo (pp. 7 ss.), dopo avere asserito che il contratto di leasing ha ultrattività, la parte appellante ricostruiva la normativa sull'IMU. Invocava in particolare il d.m. 30 ottobre 2012 del MEF. In base a tale disposizione (istruzioni) la riconsegna sarebbe da individuarsi come momento che immuta la soggettività passiva. Fra l'altro, le istruzioni pretendono che la riconsegna sia comprovata dal verbale di riconsegna.

Si invocava poi la normativa ICI.

Altra parte dell'appello era la nozione civilistica di possesso, rilevante ad avviso della parte appellante, come da pp. 14 ss. dell'atto di appello.

Si individuava una fonte qualificata nella circolare ASSILEA (pp. 16 ss. dell'appello), nonché in giurisprudenza di merito, puntualmente menzionata alle pp. 18 ss. dell'atto di appello.

Si costituiva il Comune.

Chiedeva il rigetto dell'appello.

Esigenze di concisione impongono un richiamo agli atti introduttivi hinc inde.

Alla udienza del sedicesimo giorno dell'anno duemilaventitre;

16/01/2023

il collegio assumeva la causa in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Il merito

La questione è nota.

Nel caso di "leasing", dopo la risoluzione del contratto ma prima della materiale riconsegna, occorre chiedersi se la imposta IMU veda come soggetto passivo il concedente (che non ha la fisica disponibilità del bene, appunto), ovvero l'utilizzatore, ormai non più titolare del rapporto di leasing e, tuttavia, ancora nella disponibilità del bene immobile.

La questione è stata affrontata largamente dalla giurisprudenza di legittimità, nel senso che la soggettività passiva del rapporto IMU è in capo al concedente e non all'utilizzatore, anche se questo ha la disponibilità del bene.

Si è in presenza di un indirizzo del tutto assestato a livello di legittimità, nell'ambito della funzione nomofilattica della giurisprudenza di legittimità.

La funzione della giurisprudenza di legittimità è quella di consentire al giudice di merito un risparmio di energie nella motivazione dei provvedimenti, richiamandosi appunto all'indirizzo ormai consolidato della giurisprudenza di legittimità; oltre, che ovviamente garantire a tutti i consociati certezza del diritto.

In ordine alla questione se il contratto di leasing sia risolto, la risposta è pacificamente affermativa, dal punto di vista civilistico. La norma di cui all'articolo 1591 c.c. è una penale ex lege, che ha la funzione di determinare "\� forfait" il danno per il proprietario, nel caso di mancata restituzione del bene. La determinazione "\� forfait" consente peraltro anche la liquidazione del maggior danno; non è dunque un canone di locazione, quello di cui parla la norma.

Tale il dato civilistico, non controvertibile; il contratto si risolve con la risoluzione (se è consentita la tautologia), non con la riconsegna.

Applicando a tale dato civilistico il profilo tributario, la norma è chiara (articolo 9 d. lgs. 23 del 2011 e precedenti formulazioni della imposta IMU), nel senso che la soggettività dell'utilizzatore dura finché dura il contratto, non dunque finché dura il corpus della detenzione. Pertanto, applicando la normativa civilistica a quella tributaria, la questione è priva di reali profili controvertibili.

La parte appellante, sulla scia di altre posizioni dei cocedenti, invoca infine le istruzioni ministeriali.

Anche tale argomento non convince.

Da un canto, di fronte alla chiarezza della legge (civilistica, che ha una tradizione millenaria; nonché tributaria di applicazione dell'IMU, chiara) le istruzioni per la compilazione debbono cedere, per una evidente applicazione della gerarchia delle fonti. Le istruzioni, anche se sostenessero la tesi dell'appellante, andrebbero disapplicate; potendo al più rilevare ai fini della applicazione o meno delle sanzioni (su cui la successiva sezione di motivazione).

In ogni caso, la lettura delle istruzioni, se completa (l'appello, come in genere gli atti delle società di leasing, riporta solo una parte della frase contenuta nelle istruzioni), non sostengono la tesi della parte appellante.

Al punto 1.4 delle istruzioni allegate al d.m. 30 ottobre 2012, si legge infatti chiaramente che la società di leasing è il nuovo soggetto passivo ed il locatario (così nella dizione, cioè l'utilizzatore) ha cessato di esserlo.

Le modalità della riconsegna con verbale, pure indicate nelle istruzioni, attengono infatti esclusivamente a profili relativi alla dichiarazione; si consente la dichiarazione anche successiva, senza però mutare il dato sostanziale, che viene confermato anche dalle istruzioni.

La questione delle sanzioni

Va rilevato come, nella odierna discussione, la parte appellante R. s.p.a. abbia sostenuto una subordinata.

Ha chiesto che, quanto meno, l'accertamento del Comune di S.L. di S. sia sgravato dalle sanzioni. In questo senso, la parte appellante ha sostenuto la incertezza giurisprudenziale della vicenda. Ha poi menzionato un recente provvedimento della Corte suprema (26057 del 2022); per cui, in questa materia, cioè nella questione IMU / leasing, si dovrebbe sempre, tendenzialmente, escludere la applicazione delle sanzioni.

Ritiene il collegio come tale motivo non sia contenuto nell'atto di appello. Entro tale termine fatale, la parte appellante avrebbe dovuto proporre tale specifico motivo. Per quanto si riguardi l'atto di appello, esso ribadisce gli argomenti sulla non debenza della imposta da parte del concedente, fino alla materiale riconsegna del bene immobile.

Non vi è dunque motivo specifico.

Il collegio ritiene dunque che tale questione non sia nemmeno affrontabile da parte del collegio; non vi è dunque, nel dispositivo, nemmeno necessità di dichiarare la inammissibilità di un motivo, che nemmeno è presente in atto di appello.

Né può ragionarsi, sostenendo che, poiché l'appello sfida l'avviso di accertamento nella sua integralità, si occupa anche delle sanzioni (una sorta di ragionamento che, alla corta, può dirsi: "nel più sta il meno").

Non è così.

In via generale, va apprezzata la scelta del legislatore, sia civilistico sia tributario, di pretendere motivi di impugnazione specifici. Nel caso concreto, poi, si parla di sanzioni; dunque, il motivo specifico avrebbe dovuto riguardare la non debenza delle sanzioni, gli specifici motivi di incertezza giurisprudenziale, la mancanza di colpa ed anzi la diligenza del contribuente. Tutti profili concreti (fattispecie concrete) che - ripetesi, anche a ben guardare l'atto di appello - mancano. Affrontare la questione delle sanzioni, dunque, non è possibile; si andrebbe ad esaminare in merito un punto della vicenda, non oggetto di appello; dunque, passato in giudicato.

Il dispositivo

Va dunque integralmente confermata la sentenza di prime cure. Come da punto 2 del dispositivo. E' appena il caso di rilevare come la motivazione di questa sentenza integri e completi quella del primo grado. Il corpus delle due sentenze, di dispositivo conforme, contribuisce alla unitaria formazione di questo giudicato.

Le spese di lite di questo grado

Con riferimento alle spese di questo grado, vi è soccombenza di parte appellante. Come da punto 3 del dispositivo. Tali spese si aggiungono a quelle già liquidate in primo grado.

P.Q.M.

1. RESPINGE l'appello.

2. CONFERMA la sentenza di prime cure, in ogni sua parte.

3. CONDANNA la parte appellante al pagamento delle spese di lite, che si liquidano in euro 4.000,00, somma finale omnicomprensiva, qui già inclusi aumento per spese generali ed eventuali diminuzioni. Su tale somma, da aggiungere solo IVA e Cassa, se ed in quanto dovute alla luce del regime proprio della difesa del Comune di San Lazzaro di Savena.

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